MARONI SPERA CHE BOSSI MOLLI PER NON SPACCARE LA LEGA:
CRONACHE14 Maggio 2012
di GIANMARCO LUCCHI
Nessuna alleanza tra Lega e Pdl ai ballottaggi. Roberto Maroni sbatte la porta in faccia all’ex alleato. Anzi, impone anche un ultimatum all’ex partner di governo: «Tolga il sostegno a Monti e si voti a ottobre» e tutti amici come prima (se possibile). E poco importa se, così facendo, si mettono a rischio le amministrazioni guidate con il Pdl. Tanto «per la Lega conta il territorio». E Maroni non esclude neanche la possibilità che il Carroccio «non si candidi al Parlamento di Roma». In realtà, i ‘lumbard’ si sentono forti del governo regionale di Veneto e Piemonte. E non temono strappi dal del Celeste pericolante, Roberto Formigoni.
Maroni è intervenuto a Cesena, dove si è svolto il congresso della Romagna, che ha nominato i delegati per il congresso federale di Bergamo e riconfermato l’on. Gianluca Pini alla segreteria nazionale (era l’unico candidato e ha avuto il 91% dei voti disponibili). I fari nel partito sono puntati all’appuntamento di fine giugno, dove l’ex responsabile del Viminale vuole varare «la Lega 2.0». Resta da sciogliere il nodo della candidatura. L’ex ministro non ritira ancora le riserve, nella speranza di un passo indietro di Umberto Bossi e sembra rimandare tutto a quanto succederà oggi al Consiglio federale. L’ex ministro se spera che il Senatur confermi l’idea di non candidarsi più a segretario federale. E tuttavia resta attendista, perché nelle ultime settimane ha dovuto incassare troppe docce fredde dal vecchio capo tra uscite di scena e ritorni sul palcoscenico. Bisognerà vedere quanto nella notte appena trascorsa e in mattinata, la famiglia e quel che resta del cerchio magico/malefico avranno premuto sull’Umberto per convincerlo a non consegnare le chiavi del movimento ai “barbari sognanti” e al loro capo mai amato, per non dire di peggio.
Nel Carroccio, comunque, stanno cadendo vari tabù, compreso quello di levare il nome di Bossi dal simbolo. «Appartiene al movimento ed è amministrato dal Consiglio federale al quale spettano le decisioni – ha voluto sottolineare Maroni -. Negli anni lo abbiamo cambiato, il simbolo evolve». La risposta è indirizzata al bellicoso Giuseppe Leoni, uno dei più fieri avversari dei maroniani, che nei giorni scorsi ha ricordato come il simbolo appartenga a lui, a Bossi e alla moglie di quest’ultimo e se qualcuno vuole impossessarsene farebbe meglio a farsi un altro partito. Un Leoni che da mesi va in giro soprattutto pe rla Lombardia a “insultare” i militanti, come è successo qualche sera fa a Brescia dove ha accusato la base del partito di essere responsabile per il mancato ottenimento del federalismo, avendo lavorato poco per la causa. Lui, invece, in parlamento da 25 anni, deve aver fatto tantissimo ma nessuno se n’è accorto.
Intanto, a sorpresa, Mario Borghezio ha annunciato la possibilità di una sua candidatura al congresso federale «se non verrà dato spazio alle istanze indipendentiste». Resta da tenere sotto osservazione la situazione dei veneti, stanchi delle beghe lombarde e abbastanza frammentati tra bossiani, cerchisti e maroniani: su queste colonne è già stato scritto che uno snodo fondamentale in vista del congresso federale sarà il congresso nazionale della Liga dove presumibilmente si confronteranno Flavio Tosi e Massimo Bitonci. Ma non solo quella. Per esempio dopo il congresso della Romagna, uno dei bossiani di ferro (ex autista di Maroni) ha attaccato: «La purga staliniana si è improvvisamente fermata a Cesena. Prendo atto che all’interno del Movimento si lavora a due pesi e due misure». Lo ha detto il senatore emiliano della Lega Giovanni Torri commentando la rielezione di Pini a segretario della Romagna e a quanto detto da Roberto Maroni in proposito. «Questo – sottolinea Torri – lo si evince dal modo di giudicare i singoli esponenti che vengono di volta in volta coinvolti in qualche azione giudiziaria o anche di malcostume interno al movimento. Bossi – ricorda – facendo un passo indietro ha dimostrato di essere il vero leghista che il popolo padano ha voluto come capo. Tutti parlano di pulizia, di giustizia etica all’ interno del Movimento ma i fatti non rendono giustizia a quanto viene detto da chi attualmente vuole dirigere la Lega Nord».
In ogni caso sono tempi duri per quello che fu l’Asse del Nord. Silvio Berlusconi è lontano dai riflettori della politica (anche se, in disparte, continua a muoversi e a muovere le proprie pedine); ma è Umberto Bossi ad apparire in difficoltà. Il senatur non parla ormai dal 4 maggio, quando ha chiuso la campagna elettorale per le comunali di Monza. Comizio non fortunato, considerato che la Lega che si fregiava del sindaco non è riuscita neanche a raggiungere il ballottaggio. Da allora ha tenuto il silenzio anche sul successo del Tosi a Verona. Poi sono arrivate le pressioni dei maroniani per il ritiro della candidatura alla segreteria. Tosi glielo ha chiesto senza mezze parole: «Bossi non si candidi per il suo bene e quello della Lega». Il vecchio capo si è chiuso nel silenzio e vorrebbe evitare di spaccare il movimento: «Vogliatevi bene e non fatevi la guerra al congresso», sono state le sue ultime parole a Monza. Per poi aggiungere: «Resisto perchè non sono solo, perchè ho tutti voi».
Oggi dal Consiglio federale si capiranno molte cose. Di certo se la Lega non si spaccherà, chiunque la prenderà in mano si trpoverà a dover rianimare un corpo piuttosto malato, come ha dimostrato l’ultimo sondaggio di Mannheimer pe ril Corriere dove il Carroccio risulta in assoluto il partito verso il quale i cittadini hanno meno fiducia: un misero 4%.
fonte: http://www.lindipendenza.com/maroni-spera-che-bossi-molli-per-non-spaccare-la-lega/
tags: Roberto Maroni; Flavio Tosi; Lega Nord; Consiglio Federale; Umberto Bossi; L’Indipendenza.com
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